Di una macchina del tempo ne abbiamo bisogno, fosse anche solo per entrarci una volta tanto e farci un giro. Se puoi, leggi questo post fino alla fine, nell’ultima parte c’è una sorpresa.
Mio caro Mastru, ti scrivo da quando questo blog ha preso vita e sono qui perché ho finalmente trovato il modo di aggiungere un pezzo decisivo al nostro percorso insieme. Un luogo che diventa la mia, la nostra macchina del tempo.
Nel suo “L’ordine del tempo” Carlo Rovelli scrive che “L’idea che esista un adesso ben definito ovunque nell’universo è quindi un’illusione, un’estrapolazione illegittima della nostra esperienza.” Ecco appunto, la nostra esperienza. Al centro ci metterei quella, perché è la nostra esperienza che determina il nostro rapporto con le storie e forse anche un po’ con la storia. E se le storie sono veramente delle macchine del tempo, questo è vero anche perché raccontandole, ascoltandole, leggendole e guardandole ci portano in un tempo che si prende gioco della nostra idea di presente.
Pensaci un attimo, pensi di raccontare quello che sta succedendo oggi, intorno a te ma non è proprio così, lo stai già facendo per qualcuno che non può più vivere quell’esperienza e che può solo prendere dal tuo racconto un punto di vista su un presente del tutto soggettivo, ma che arricchisce inesorabilmente la visione del mondo di un uomo, che come pezzo microscopico dell’universo non può fare altro che sentirsi parte di un tempo.
Pensa alle narrazioni, a quelle grandi o piccole, le vivi grazie alle macchine del tempo rappresentate dalle storie che le sostengono. Non puoi ficcare il naso nella narrazione Napoleonica senza Tolstoj.
La mia proposta di oggi è quella di creare macchine del tempo, sia nel mondo dei bit che nel mondo degli atomi, che permettano agli uomini ed alle donne di viaggiare producendo esperienze fuori dal presente che vivono, ma che gli permettano di decodificare il loro tempo, la narrazione nella quale si trovano a vivere e che alimentano tutti i giorni.
Sogno organizzazioni, aziende, persone, consapevoli di creare luoghi ricchi di storie che facciano viaggiare nel tempo, che ci diano la possibilità di vivere esperienze immersive grazie alle storie. I supporti tecnologi, poi, quelli cambiano, ma sono le storie che ci permettono di immergerci veramente, non i visori.
Per certi versi, esse stesse, le organizzazioni e le aziende, dovrebbero ripensarsi un po’ come delle macchine del tempo.
Scrivo questo pensiero, non a caso sul mio blog “Storie di Bottega” qui su Nòva, perché credo che per contribuire alla costruzione di ingranaggi per il futuro abbiamo bisogno di pensare al tempo delle nostre storie ed alle nostre storie nel tempo.
Questa riflessione è nata nell’ambito di un esperimento di narrazione, realizzato nella Piccola Scuola che ho installato nella mia Bottega, a Caselle in Pittari, nel Cilento. É partita dal racconto di un luogo che non mi sarebbe mai più appartenuto se non lo avessi ricollocato, con un gioco di senso e funzione, nel mio tempo e nel mio spazio. Lo “stiere” dei miei nonni, oggi quel luogo, è la mia macchina del tempo.
In questo podcast ho giocato un po’ a raccontarlo con la mia voce:
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