Ciao Mastru, quando ho scoperto il progetto Sospese.io, durante questa quarantena, ho subito immaginato la faccia di Paolo Parente e i suoi movimenti attorno al grande tavolo digitale di WeBeetle, con gli sviluppatori e i designer, con i foglietti colorati appesi “alle pareti” e i pennarelli aperti con ancora l’odore dello spirito “colorato” nell’aria. La creatività e l’ingegno al servizio della collettività. Questo fa la vera innovazione. Ho ricordato un bellissimo video della SOS Scuola Open Source di Bari che dice: “L’innovazione è sempre sociale altrimenti è speculazione sull’ignoranza degli altri”.
Così ho deciso di farti leggere la chiacchierata che ho avuto con Paolo.
J: Ciao Paolo, raccontami un po’ come è nata l’idea si Sospese.io?
P: Questo progetto nasce in pieno smart working. Abbiamo lavorato sulla necessità di creare nuovi spazi di comunicazione tra noi che ci consentissero di parlare e confrontarci in questa situazione così particolare. Parlare dei disagi ma anche delle cose positive che possono emergere. Ci siamo chiesti anche, partendo dalle nostre competenze, che cosa avremmo potuto fare ed abbiamo lanciato una call for ideas tutta interna. Sono venute fuori idee diverse; tra queste quella di Riccardo: creare una app dove raccogliere tutti i punti dove si poteva trovare una “spesa sospesa”. L’idea è piaciuta e l’abbiamo trasformata in progetto passando dalla “spesa sospesa” alle “cose sospese”: ci siamo resi conto che l’abitudine partenopea (ma che in realtà ho avuto modo di ritrovare in diversi paesi europei) di sospendere “un caffè” poteva essere applicata alla spesa, ma anche ad libro, ad un “taglio di capelli”; si possono sospendere un sacco di cose.
J: Come funziona Sospese.io?
P: Ci siamo concentrati su due aspetti: la possibilità di segnalare un nuovo punto “sospeso” e la possibilità di condividere il fatto di aver donato perché siamo convinti che un gesto positivo condiviso può generarne altri; l’obiettivo è quello di avere più punti di raccolta e più gesti di solidarietà.
J: Quanto tempo ci avete lavorato ed in che modo avete messo a sistema l’esperienza che avete in azienda?
P: Una decina di giorni per il primo rilascio (ma continuiamo a lavorarci sulla base dei feedback ricevuti). E’ stata una esperienza cross–team gestita in modo del tutto simile ad un normale di progetto di lavoro: un backlog, le user-stories, i test, etc.
Abbiamo condiviso la disponibilità a “barattare” una parte delle attività lavorative per fare avanzamenti su “sospese.io” ma c’è stato messo anche tanto “tempo libero” da parte di tutti. Oltre allo sviluppo in parallelo abbiamo lavorato alla comunicazione: praticamente ha coinvolto tutta l’azienda.
J: Per i più curiosi di informatica mi dici due cose sulle tecnologie che avete utilizzato se ti va?
P: Si tratta di una PWA (progressive web app) e stiamo pensando anche ad una app nativa (vediamo… siamo in fase di test). Tutto il progetto è open-source. Questo è il repository su github
https://github.com/webeetle/sospese Oltre ad essere curiosi si può decidere di contribuire.
J: Cosa avete imparato sviluppando e coltivando questo progetto?
P: Ci sono cose che hanno senso e che possono creare valore per tutti. Non ci siamo riusciti ancora, forse ci vorrà altro tempo, forse nasceranno altre idee ed altri progetti. Noi siamo fortunati e questo è un fatto evidente e abbiamo capito che in questa situazione può essere molto più facile donare che chiedere.
J: Dopo dell’emergenza Covid rimarrà in vita? Come?
P: Le cose “sospese” hanno senso sempre. E’ un atto d’amore verso uno che non conosci ma te lo puoi immaginare. E’ un esercizio di civiltà che può resistere e andare oltre questa crisi che speriamo finisca al più presto
J: Se ti va, raccontami un fatto, un aneddoto legato alla diffusione sociale del progetto che ti va di condividere tra le Storie di Bottega.
P: Ti condivido un’esperienza brutta almeno in parte. Una libreria che ha aderito dall’inizio aveva predisposto un piccolo carrello nel quale aveva inserito le primo donazioni. Vedendo però che nessuno si faceva avanti per “ricevere” (quello che ti dicevo prima… è più facile dare che chiedere) ha deciso di lasciare il carrello davanti al negozio anche oltre l’orario di apertura. Morale della favola… hanno rubato tutto. Il lato positivo della faccenda è che la libreria ne ha ripristinato subito uno nuovo ma questo forse è un segno che la “pratica del bene” necessita di essere diffusa e diventare elemento culturale. Spero almeno che quei libri vengano letti tutti!
Lo pensavo anche prima, ma dopo questa chiacchierata ne sono ancora più convinto, la solidarità può essere una gran forma di innovazione.