Caro Mastru,
sono cresciuto con il primo articolo del Cluetrain Manifesto che recita che “i mercati sono conversazioni”. E negli ultimi anni in effetti qualcosa in questo senso l’abbiamo vista e praticata. Oggi scrivo a te, scrivo qui in questo piccolo blog perché vorrei aggiungere un punto in quel manifesto. Un punto che riguarda i luoghi che viviamo, i luoghi dai quali partiamo, i luoghi nei quali ritorniamo, i luoghi che abbandoniamo e che popoliamo di nuovo.
“I luoghi sono conversazioni” perché le conversazioni, spesso fuori dai luoghi non hanno lo stesso senso e perché le persone vivono nei luoghi, non vivono nella rete, o almeno, mi piace pensare che le persone vivano meglio la rete se vivono consapevolmente nei propri luoghi.
Quando dico luogo, intendo uno spazio pubblico o privato, tangibile, fatto di atomi, nel quale due o più persone possono incontrarsi. Mi sembra necessario fissare un attimo questo punto. Come artigiano e autore, mi piace pensare, che ci sono attorno a me, luoghi pronti ad accogliere le mie conversazioni e sento il bisogno di andare ad attivarle in quei luoghi. Detta così questa cosa sembra una gran banalità, ma fermati un attimo a pensare. Quando ti sei preoccupato l’ultima volta del luogo dove portare avanti una discussione? E quanto hai pensato potesse essere determinante per essa scegliere uno o l’altro luogo?
Lo so, poco importa il luogo ai nostri temi, ma dovrebbe importare a noi. Perché dove portiamo le nostre conversazioni, lì, le nostre conversazioni potrebbero lasciare qualcosa. Quando discutiamo compiamo un atto straordinariamente sociale, ed oggi, credo che dovremmo fare un passettino indietro per farne due in avanti e tornare a preoccuparci non solo di attivare conversazioni straordinariamente significative tra soggetti che si trovano in luoghi diversi del mondo, ma allo stesso tempo, dovremmo anche preoccuparci di collocare queste conversazioni dando senso e forza ai luoghi che le ospitano.
Se io mi trovo nel Cilento e il mio interlocutore si trova a New York, lo sforzo che dovremmo fare, è di immergere la nostra conversazione sempre più nei rispettivi luoghi, permettendole di lasciare qualcosa anche ad essi. Come fare? Ancora non lo so, ma so che ci dobbiamo sforzare di andare in questa direzione.
Allora perché questo post, perché questo ragionamento. Perché da oggi in poi voglio preoccuparmi un po’ di più dei luoghi nei quali attivo le mie conversazioni. Me ne voglio preoccupare perché ha senso per i luoghi, per me, per i miei interlocutori, per le conversazioni e forse, un po’ anche per quello che lasciamo a chi viene dopo di noi.