Caro Mastru,
stamattina, come faccio ormai da tempo, dopo essermi alzato mi sono fatto la mia oretta di lettura, avevo il mio portatile sul tavolo, ma non mi sono lasciato attrarre, non l’ho aperto, sono andato dritto sul libro che sto leggendo in questi giorni: “Il mondo che nasce” di Adriano Olivetti. Quando poi, arrivata l’ora di andare nell’orto, mi sono sollevato dalla sedia ed ho poggiato il libro sul tavolo, l’ho messo proprio sul computer, e li mi si è aperta una finestra spazio temporale. Ho subito fotografato l’immagine che ora la vedi nella copertina di questo post.
Mi sono messo a pensare a due cose in particolare. Ai simboli che oggi dominano il mercato e i simboli che invece ispirano la nostra immaginazione. I simboli che veneriamo oggi nascono con i buoni propositi di portare valore, di portare innovazione, di lavorare al servizio della creatività e del benessere. Magari all’inizio è così, ma dopo un po’ perdono questa forza e ce li ritroviamo a ribadire concetti vuoti che rispondono solo a logiche di branding e sempre meno a vere logiche di innovazione, sociale, economica e culturale. Poi ci sono altri simboli che (per fortuna) permangono anche oltre la loro stessa vita. Adriano Olivetti è uno di questi. Un grande imprenditore scomparso troppo presto, un simbolo si, ma anche qualcosa in più. Leggendolo ho capito che ci ha detto più lui sulle opportunità del presente e del futuro che tante discussioni sul digitale che oggi ci circondano e di cui spesso siamo noi stessi portatori. Vedi, sto scrivendo questo post con un desiderio ardente dentro, vorrei che i giovani imprenditori, i giovani startupper, i giovani artigiani ed anche gli studenti riprendessero in mano i suoi testi e li provassero a collocare in pensieri e pratiche contemporanee.
Perché non possiamo pensare di fare impresa senza pensare alle persone, senza pensare ai territori, senza pensare al benessere sociale, senza pensare al fatto che fare impresa è un fatto sociale, prima ancora che tecnologico e di business.
Credo che il messaggio dell’uomo Adriano Olivetti oggi sia un segnale lasciato come una luce che ci viene dal novecento e che sta a noi ritrasformare in vita.
Leggiamo i nostri territori, interpretiamoli, non accontentiamoci delle programmazioni calate dall’alto, sviluppiamo idee dal basso che interpretano, declinano, collidono, cambiano, con la forza della volontà, della passione, della creatività, di cui come generazione siamo pregni (o almeno pensiamo di esserlo). Mettiamo insieme il messaggio potente del “Think different” con il messaggio di un uomo che voleva cambiare il mondo prima cambiando la sua comunità e rendendola un posto migliore dove vivere, dove lavorare, fare i figli, dove inventare, e continuare a sognare. I simboli ce li scegliamo e sono tanto nella nostra esistenza.
Scegliamoci i simboli, ma non da seguire, i simboli da alimentare per creare nuovi scenari, nuovo futuro. Grazie signor Olivetti, lei è per noi un simbolo vivo.