Caro Mastru,
movimento è la parola d’ordine, lento ma pur sempre movimento. Aspetta, ma un’altra parola d’ordine del nostro tempo è anche Radicamento. Ma come? Dobbiamo radicarci e dobbiamo pure muoverci?
Nel nutrire le mie radici ho trovato la spinta più importante al movimento. Mi muovo per confrontarmi con gli altri e nel confronto devo essere me stesso per dare e per prendere il meglio.
Racconto storie che senza le mie radici non avrebbero senso. Ascolto storie che senza radici non starebbero in piedi. Le storie, se ci pensi, contengono radicamento e mobilità.
Dove sta l’innovazione? Non c’è nessuna innovazione in un mondo che si sbatte per trovare soluzioni sempre più tecnologicamente avanzate e non si chiede come fa a rimanere ancorato, in modo sano e vero alla terra che lo ha generato e lo nutre da sempre.
Radicarti vuol dire anche preoccuparti del tuo nutrimento.
Andare e tornare. Radicamento mobile vuol dire avere un piede nella propria terra, l’altro nel mondo e la testa in rete.
Puoi andare nel mondo ma non puoi farlo senza avere un punto in cui tornare. È circolare la base della nostra esistenza. Andare vuol dire, prima o poi tornare.
Nel mio lavoro, imparo tutti i giorni che anche le competenze sono il frutto di un radicamento mobile. Si acquisiscono veramente solo se si mettono radici su un tema e poi si inizia a peregrinare per l’affascinante sfera della conoscenza, prendendo e portando linfa alle radici.
Radice è identità, mobilità è vita. Radicamento mobile è identità viva.