Caro Mastru, ti piace il cioccolato? Oggi ti porto in una bottega dove da oltre centocinquantanni trasformano le fave di cacao in cioccolato. Da oggi in poi, per me, mangiare cioccolato non sarà più la stessa cosa.
Ti presento Pierpaolo Ruta, della Famiglia Bonajuto, che appunto, da un secolo e mezzo, a Modica, fabbrica cioccolato.
J: Pierpaolo, benvenuto tra le nostre Storie di Bottega, la vostra è una lunga tradizione di famiglia, la storia del cioccolato a Modica è storia. Mi interessa chiederti come hanno fatto i Bonajuto ad entrarci, in questa storia.
P: Ci sono entrati in punta di piedi alla fine del 1700, con Francesco Ignazio Bonajuto. In un suo antico documento si parla del “fattojo del ciccolatte”. Un vero e proprio frantoio per le fave di cacao, lasciato in eredità al figlio Federico. Lentamente con costanza e soprattutto rispetto per la materia prima, siamo arrivati fino alla sesta generazione (il nostro cognome ad un certo punto cambiò, oggi, io mi chiamo Ruta in quanto Francesco Bonajuto figlio di Federico e nipote di Francesco Ignazio era il papà della nonna paterna).
Se devo pensare alla storia della nostra attività, mi viene da dire che una svolta importante avvenne nel 1992. Fu un anno cruciale, con un passaggio generazionale importante. A produrre erano rimasti solo mio nonno e due suoi ex lavoranti che avevano aperto poi autonomamente bottega. In tutto non si producevano più di 500kg all’anno. Mio nonno aveva deciso di chiudere per sempre la dolceria, ma mio padre ed io decidemmo di non far scomparire questa tipologia di cioccolato, allora semisconosciuto. Con esso rischiava di scomparire anche “il profumo” che produceva mio nonno. Mio padre, Franco Ruta, iniziò un’opera di recupero che definirei eroica, che per dirla con le parole dello scrittore Marco Blanco: “rischiava di consegnarsi al silenzio del passato, se la sua visionarietà e la sua passione non gli avessero dato il coraggio di scommettere su quella tavoletta quasi dimenticata, ormai dai suoi stessi concittadini”. A quel tempo il termine storytelling non era così diffuso come adesso. Mio padre, faceva storytelling in maniera eccellente, “prendendo per mano”, con i suoi racconti e con il suo cioccolato coloro che incontrava. Si innescò un incredibile “passaparola”, in pochi anni le più importanti testate internazionali scrissero di noi e del nostro cioccolato. Per me che avevo iniziato a studiare scienze della comunicazione a Salerno, percorso che interruppi per lavorare, quando nel 1999 arrivò la prima email dal New York Times, che recitava “abbiamo sentito parlare di voi…” sembrò il coronamento di un sogno.
Da allora, testate come Wall Street Journal, International Herald Tribune, Indipendent, Guardian, Daily Mirror, Times, Financial Times, BBC, NHK per elencarne solo alcune iniziarono a diffondere il nostro messaggio, fu così, che un prodotto sconosciuto ai più, per la legge dei grandi numeri, iniziò ad essere sempre più conosciuto.
In questo video di Marius Mele c’è tutta la magia del Fattojo
La magia che ci aveva portato fin lì però, si spezzò in una notte di febbraio del 2016, quando mio padre d’improvviso morì. E’ stato difficilissimo andare avanti, guardare oltre il rapporto simbiotico che avevamo da sempre. Nonostante tutto però, non avevo nessun dubbio sul come procedere. Oggi sono felice perché il profumo di mio nonno è presente nelle mie giornate. Dal mattino sino a alla sera. Sono felice per l’approccio “romantico” che tanti hanno nei confronti del nostro cioccolato. Mi rende orgoglioso il fatto che questo contribuisca alla crescita di un’azienda giovane con centocinquanta anni di esperienza (come mi piace definirla). Vedere amanti del nostro cioccolato in Giappone, in Australia, in USA mi riempie d’orgoglio. Penso a tutti i sacrifici di questi anni, abbiamo scelto di essere indipendenti da condizionamenti “più grandi di noi”. Siamo felici di non aver ceduto parte della nostra autonomia, parte della nostra identità. Credo sia stata una strategia vincente.
“Less Is More” è stata quella la guida, la filosofia che ci ha guidati e ci guida. Essenzialità ed importanza delle materie prime, nulla di più.
J: Dopo queste tue parole sono ancora più felice di averti qui. Pierpaolo, la vostra è una storia straordinaria. É un vero piacere ascoltarti e sarà un vero piacere per i lettori delle Storie di Bottega, leggerti e gustarti. Mi incuriosisce il tuo rapporto con il mestiere. Sei stato un allievo nella bottega di famiglia, questo, oggi, fa di te un artigiano speciale. Pensi che oggi, vale ancora, dire, che le competenze possano trasferirsi anche nelle botteghe da maestro ad allievo?
P: Fondamentale direi. Pensa, la trasmissione del sapere nel mondo dell’artigianato e quasi esclusivamente orale, ciò che mi sembrava un gioco da bambino, ha contribuito a costruire la persona che sono oggi. Sono contento che la mia famiglia non sia legata unicamente a dinamiche economiche, sembra un dettaglio da poco, invece, conta. C’è un filo di poesia che percorre tutti questi anni, come il ricordo del bisnonno Francesco Bonajuto che “siringava” di nascosto lo zucchero caldo dentro i fichi del suo giardino. Si divertiva a vedere lo stupore dei bambini che aprendo i frutti trovavano al loro interno delle caramelle di zucchero. Sono convinto che la forza del nostro paese sia questa. Nulla potrà mai cancellare insegnamenti del genere, anche in periodi un po’ complessi come quello che stiamo vivendo.
J: Hai ragione, c’è un filo che lega tutte le storie più autentiche di questo paese, un filo fatto di passione e di lavoro. Interpretare e reinterpretare in chiave contemporanea la conoscenza che è arrivata fino a noi è il nostro compito. La storia del cioccolato a Modica unisce pezzi di mondo e li fonde in una barretta di cioccolato. Questo mi affascina, e mi affascina il vostro rapporto con la materia prima.
P: Per troppi anni abbiamo dimenticato il rapporto con la materia prima. Oggi è l’aspetto più stimolante del mio lavoro. La distanza geografica dai luoghi di produzione del cacao è stata sempre un problema per noi piccoli artigiani. Oggi invece, anche grazie alla tecnologia è semplice scambiarsi opinioni con il coltivatore di cacao venezuelano, africano o peruviano. È emozionante avere una relazione vera con ognuno di loro. Non è un mestiere semplice il nostro, il livello di attenzione deve essere sempre altissimo e sono poche le pause che abbiamo a disposizione durante l’anno. Durante le mie “vacanze” visito proprio i luoghi di produzione del cacao. La mia fame di conoscenza sull’argomento è insaziabile. Sentirsi arrivati, mentre gli altri ti definiscono “maestro cioccolatiere”, per me, è molto noioso. La produzione del cacao è un mondo molto complesso, forse non basterebbero due o tre vite, da dedicare interamente alla sua scoperta per averne la completa conoscenza. Questa sensazione di incompletezza che ci portiamo dentro noi siciliani, è un continuo stimolo a fare di più, a tentare di fare meglio.
J: La tecnologia, la modernità. Ho sentito parlare per la prima volta di voi qualche anno fa, quando ho letto che un produttore artigianale di cioccolato stava sperimentando la stampa 3d applicata al cioccolato. La cosa mi ha incuriosito, anche perchè dopo un po’ ho scoperto che erano proprio dei miei amici a tentare l’impresa. I ragazzi di 3dItaly stavano provando, insieme a voi, a fondere il cioccolato per farlo stampare da un prototipo di stampante 3d. Come è andata con quel progetto, cosa avete scoperto?
P: L’incontro con i ragazzi di 3DItaly fu quasi casuale. Loro, ancora in fase di startup, si preparavano ad aprire la loro sede a Ragusa, timidamente, e come scoprii in seguito con poche speranze, ci scrissero per sapere se eravamo interessati a collaborare per sperimentare un’applicazione per incrociare il loro mondo con il nostro. Ne venne fuori una bella esperienza, ma innanzitutto un’amicizia preziosa. Passammo un mucchio di ore a provare ad estrudere il nostro cioccolato e stamparlo in 3D. Non ci crederai, ma l’aspetto più affascinante, fu capire che il cioccolato più antico, quello che lavoriamo noi, fosse, per via della sua densità, il più interessante per questo tipo di sperimentazioni. I primi risultati furono incoraggianti, le forme venivano fuori, e ancora oggi, dopo anni, cerchiamo insieme soluzioni che possano andare in questa direzione. Vorremmo arrivare un giorno a realizzare una particolare testina per le stampanti 3D, in grado di stampare forme complesse in cioccolato.
J: Adesso mi spiego perchè avete un “Bonajuto Lab”, raccontami un po’, di cosa si tratta?
P: Una delle cose che ci siamo sempre imposti è quella che il termine tradizione debba essere per noi il più lontano possibile dal concetto di “vecchio”. Uno degli aspetti più stimolanti del nostro lavoro è il nostro continuare a progettare nuovi prodotti, abbandonarsi a nuove contaminazioni, trovare nuovi e stimolanti punti di contatto. Dal food all’arte, dalla musica al video. Questo approccio, ha contribuito nel corso degli anni, alla creazione di rapporti umani e professionali che sono oggi il vero motore di Bonajuto. E’ così che abbiamo deciso di creare all’interno della nostra piccola azienda un vero e proprio reparto che si occupa unicamente di ricerca e sviluppo. Il nostro Salvo Giannone, si occupa unicamente di questo. Negli anni sono state fatte centinaia di sperimentazioni che hanno portato in molti casi alla nascita di nuovi prodotti. Dal cioccolato al profumo di gelsomino che ha rivisto la luce dopo quasi 400 anni. Al cioccolatino con alghe Nori e bottarga. Il segreto per noi è non avere confini. Le collaborazioni artistiche sono veramente infinite, dalla musica di Giovanni Caccamo a Giorgio Avola, campione olimpionico di fioretto, il museo Maxxi di Roma, l’arte visuale di Marius Mele e agli esperimenti con diverse Università. Ogni singola esperienza ogni singola collaborazione, sono motivo di crescita e di emozione.
J: Quanto credi che l’innovazione tecnologica possa aiutare il vostro lavoro, domani?
P: Ritengo che l’innovazione tecnologica abbia già portato tanto al nostro lavoro. Dallo scambio con i produttori di materia prima, alla costruzione di strumenti di lavoro e infine i canali social e web. Il nostro e-commerce, ad esempio, continua a crescere in maniera esponenziale, è uno strumento indispensabile per tenerci in contatto con i nostri clienti. Con loro, non condividiamo solo prodotti, ma valori, visioni, modi di approcciare al nostro territorio. Come dicevo, la componente “sperimentazione” è importantissima in Bonajuto, per cui, anche la voglia di progettare nuovi strumenti, nuove macchine, la possibilità di sviluppare nuove ipotesi di brevetto da integrare nella produzione. Il domani, non potrà fare a meno dell’innovazione tecnologica. Credo che per chi vive in Sicilia, questo ragionamento, sia molto molto più importante che per chi vive in Silicon Valley. Oggi, la tecnologia ,ti permette abbattere anche i gap da emarginazione geografica, che i cittadini della nostra isola hanno dovuto subire nel corso dei secoli.
J: Ho letto su una vostra etichetta “Prodotto in un paese vicino Ragusa”, vivo in una piccola comunità e come nella maggior parte delle nostre piccole comunità italiane sono più le volte che sappiamo lavorare divisi che quelle in cui sappiamo lavorare insieme, con lealtà e rispetto. La vostra provocazione da dove viene? E soprattutto dove va?
P: E una storia un po’ triste, quasi paradossale. Una dinamica che appartiene alla realtà del nostro paese. Dopo anni di sforzi per far conoscere al mondo il cioccolato di Modica, un gruppo di produttori ha presentato lo scorso anno domanda per il riconoscimento del marchio comunitario IGP (indicazione geografica protetta) per la denominazione “Cioccolato di Modica”. Abbiamo tentato in tutti i modi di fare in modo che si potesse giungere ad un disciplinare di produzione condiviso, in considerazione che molti altri produttori non si trovavano in accordo, ma ciò purtroppo non è avvenuto, ed il desiderio di alcuni di cancellare con un colpo di spugna la nostra storia ed i nostri percorsi ha trovato terreno fertile negli organi competenti. Negli scorsi mesi l’iter per la registrazione della denominazione si è concluso positivamente e l’IGP è stato ottenuto dai richiedenti. In considerazione di tutta una serie di mancanze che riteniamo importanti nel meccanismo di certificazione, abbiamo deciso di non aderire al piano dei controlli anche a costo di dover rinunciare alle denominazione “Cioccolato di Modica”. Una scelta non semplice, un po’ come accompagnare un figlio fino alla maggiore età e vederlo alla fine allontanarsi con degli estranei. Qualche mese addietro insieme ad Andrea Graziano del FUD, un grande promotore del Made in Sicily nel mondo enogastronomico, ci inventammo questa denominazione, per tentare, in modo provocatorio, di porre l’attenzione sul problema. Fu così che nacque il “Cioccolato di un paese vicino Ragusa”, denominazione che ebbe un successo immediato, un modo per fare ridere e pensare allo stesso tempo. Ancora una volta scrollandosi di dosso gli schemi precostituiti e senza rinunciare mai al sorriso per chi, come noi, non ha mai voglia di prendersi troppo sul serio.
J: Ti provoco. Cosa pensi del tuo lavoro nel futuro? Pensi che fra 20 anni qualcuno faccia ancora il cioccolato come lo fai tu?
P: Penso e spero che mia figlia Francesca, che ha solo cinque anni adesso, possa avere voglia di leggere la storia delle generazioni che l’hanno preceduta. Di sicuro mai la forzerò a rimanere qui se non per amore di ciò che la circonda. Un giorno ero in cerca di slogan per una campagna e scrissi: “Da sei generazioni non vogliamo fare progressi”, non lo utilizzai mai, perché se è vero che la nostra forza viene dal passato di certo di strada ne abbiamo fatta e credo che la vita si nasconda nei percorsi, non negli arrivi. Penso che fra 20 anni ci potrà essere qualcuno che farà il cioccolato come lo faccio io? Beh credo proprio di sì, ma non sarà il mio.
J: Sono entusiasta, è grazie a storie come questa se questo paese, oggi, più di prima, ha ancora senso di continuare ad esistere. Nella tua bottega si respira sia il radicamento che lo slancio. Due sentimenti contrastanti, ma che quando riescono a lavorare insieme producono rappresentazioni incredibili della realtà. Radicamento e slancio producono le visioni di futuro per cui vale la pena lottare. Grazie Pierpaolo e grazie all’intera Famiglia Bonajuto per esserci, per trasformare, ogni giorno, la vostra passione in cioccolato.